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Controlli a termine gravidanza
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Allo scadere della 40° sttimana, iniziano i controlli presso l'ente in cui si è deciso di partorire. Solitamente vengono ripetuti, a giorni alterni, dalla 40° sino alla 41° settimana e qualche giorno, momento in cui, se non è ancora avvenuto il parto si procede all'induzione.
Questi controlli sono mirati a valutare, per quanto è possibile, il benessere del feto e normalmente, sono rappresentati da una visita ostetrica, un controllo del liquido amniotico (AFI) e cardiotocografico (CTG). |
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AMNIOTIC FLUID INDEX - AFI
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AMNIOTIC FLUID INDEX - AFI
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L'Amniotic Fluid Index (AFI), è una metodica relativamente recente per la valutazione quantitativa del liquido amniotico, di facile esecuzione e riproducibilità, eseguibile anche da persone poco esperte in ecografia, che ha sostituito l'amnioscopia, più indaginosa e meno precisa.
Con un normale ecografo, si valuta la quantità di liquido amniotico che circonda il feto, si ottiene così un valore numerico espresso in centimetri o millimetri. Solitamente una normale quantità di liquido amniotico è compresa tra i 5 ed i 20 centimetri. Quando il valore supera i 20 centimetri si potrà indicare un Polidramnios (liquido amniotico in eccesso), che non necessariamente indica la presenza di una patologia, essendo di normale riscontro nei feti grossi. Quello che interessa, sopratutto al termine della gravidanza, è il riscontro di un AFI inferiore ai 5 centimetri, in questo caso viene indicato un Oligoidramnios (liquido amniotico scarso). L’oligoidramnios, non indotto dalla rottura del sacco gestazionale, potrebbe essere, a termine di gravidanza, un indicatore di mal funzionamento della placenta. In questo caso vengono attuate tutte quelle precauzioni utili a proteggere il feto, come un aumento dei monitoraggi sino all’espletamento indotto del parto.
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Esempio di valutazione AFI |
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CARDIOTOCOGRAFIA- CTG
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CARDIOTOCOGRAFIA - CTG
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Che cos’è?
La cardiotocografia è uno dei metodi più comunemente utilizzati per la valutazione del benessere fetale. Consiste nella registrazione contemporanea della frequenza cardiaca fetale mediante una sonda a ultrasuoni (cardiografia) e dell’ attività contrattile uterina (tocografia). Si ottengono così due tracciati registrati simultaneamente sulla stessa striscia di carta. E’ un esame non invasivo, di basso costo, privo di rischi sia per la mamma che per il bambino. Nel monitoraggio esterno si applicano due trasduttori sull’addome materno. Nel monitoraggio interno invece si introduce un elettrodo a spirale che viene agganciato ai capelli del nascituro. Quest’ultimo può essere utilizzato solo in travaglio, in presenza cioè di una certa dilatazione del collo uterino e a membrane rotte.
A cosa serve?
Lo studio della frequenza cardiaca fetale e della variabilità del battito fornisce informazioni sullo stato di ossigenazione del feto, consentendo di diagnosticare precocemente un eventuale stato di sofferenza fetale. Il tracciato rileva inoltre la presenza o l’assenza di contrazioni uterine e la loro frequenza.
Quando si esegue?
La cardiotocografia può essere eseguita in travaglio di parto o al di fuori del travaglio (Non Sress Test), in ogni caso non prima di 28-30 settimane gestazionali. Può essere utilizzata per monitorare le gravidanze a rischio o quelle oltre il termine. L’ esame può essere ripetuto più volte, fino al parto, in base al giudizio clinico del ginecologo. Nelle gravidanze oltre il termine va eseguito 3 volte a settimana circa.
Quanto dura?
L’esame dura almeno 20-30 minuti, permettendo così di registrare l’alternanza di fasi di sonno e di veglia caratteristiche della vita del feto in utero.
In travaglio la rilevazione del battito cardiaco fetale può essere intermittente o continua, a seconda dei fattori di rischio eventualmente presenti e della fase del travaglio.
Quali sono le caratteristiche di un tracciato normale?
Normalmente la frequenza cardiaca fetale è compresa tra 110 e 160 battiti al minuto (bpm) e presenta delle continue oscillazioni intorno a dei valori intermedi (variabilità).
Sono presenti inoltre delle accelerazioni, che possono superare i 160 bpm, associate ai movimenti fetali che sono un segno della reattività e quindi di benessere del feto. |
Quando un tracciato è considerato “poco rassicurante”?
In presenza di una tachicardia o di una bradicardia persistenti.
Bradicardia: la frequenza cardiaca è inferiore a 100 bpm
Tachicardia: la frequenza cardiaca è superiore a 170 bpm
Se la variabilità è ridotta. Se sono presenti delle decelerazioni del battito cardiaco fetale, in particolare quelle tardive. Le decelerazioni, in base al rapporto con la contrazione uterina, possono essere suddivise in:
Precoci: iniziano e terminano insieme alla contrazione ed hanno una morfologia speculare ad essa. Sono solitamente associate ad una compressione della testa fetale (come può succedere nelle fasi avanzate del travaglio) e non necessitano di alcun trattamento.
Variabili: in relazione variabile con la contrazione uterina
Tardive: iniziano dopo l’inizio della contrazione e terminano dopo la sua fine. Hanno una forma a U. La loro presenza in modo ripetitivo può riflettere una riduzione dell’apporto di ossigeno al feto.
Ogni parametro del tracciato cardiotocografico va valutato in relazione agli altri. Le informazioni fornite dal tracciato sono molto importanti ma devono essere sempre integrate con la storia della paziente, l’esame clinico e gli altri indici di benessere fetale. Se tutti questi elementi pongono il sospetto di una sofferenza fetale può rendersi necessario un intervento di taglio cesareo.
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